Sessanta anni di progressi in plasticità neurale e comportamento

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 12 marzo 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Chi abbia familiarità con il racconto degli inizi della moderna neurobiologia, come quello proposto dal Premio Nobel Eric Kandel nei suoi ricordi autobiografici[1], conosce l’importanza della ricerca che intendeva scoprire il fondamento cellulare del comportamento. Proprio da quella straordinaria epoca prende le mosse una rassegna del neurobiologo dell’Università dell’Alabama J. David Sweatt, che ripercorre le tappe salienti delle ultime sei decadi di ricerca sulla plasticità dei sistemi neuronali alla base del comportamento animale. Questo articolo, che leggiamo nella forma non definitiva dell’accepted article del Journal of Neurochemistry, ricostruisce le prime e fondamentali tappe che hanno condotto la neurobiologia sulle tracce della psicologia e della psicopatologia.

Il cammino è ancora lungo, ma ora si dispone di conoscenze su meccanismi e processi che legano i livelli molecolare, cellulare e sistemico in attività che costituiscono specifici correlati di vari tipi di funzioni cognitive e stati emozionali. Attualmente si impiegano metodi e tecniche che lasciano ben sperare circa la possibilità nei prossimi decenni di decifrare il modo in cui sono organizzate nel cervello funzioni che siamo abituati a concepire e distinguere su una base intuitiva o psicologica (Sweatt J. D., Neural Plasticity & BehaviorSixty Years of Conceptual Advances. Journal of Neurochemistry – Epub ahead of print doi: 10.1111/jnc.13580, 2016).

La provenienza dell’autore è la seguente: Department of Neurobiology, Evelyn F. McKnight Brain Institute, and Civitan International Research Center, University of Alabama at Birmingham, Birmingham, AL (USA).

Il nucleo principale della breve rassegna di Sweatt sintetizza in modo efficace sei decadi di progressi concettuali della ricerca, che consentono di attribuire alle variazioni attive della connettività neuronica uno specifico ruolo di controllore del comportamento e delle variazioni comportamentali.

Studi classici di importanza assoluta in neurobiologia, condotti nel periodo corrispondente alla prima fase esaminata da Sweatt, stabiliscono con certezza le basi cellulari del comportamento. Non è superfluo ricordare che l’esistenza di basi cellulari per il comportamento animale non era nota, e la nozione che fosse possibile individuare al livello di singole cellule nervose processi rilevanti per la gestione del’intero organismo è stata avversata a lungo, fino, appunto, a tali dimostrazioni inoppugnabili. Di passaggio si ricorda che nonostante Sherrington, elaborando le osservazioni di Cajal, avesse collegato i neuroni al comportamento nel suo celebre saggio del 1949, The integrative action of the nervous system, si dovranno attendere gli studi di Kandel e colleghi su Aplysia per dati e nozioni definite sulle basi cellulari di attività e risposte dipendenti da memoria e apprendimento.

La plasticità dei circuiti neuronici rilevanti per il comportamento è stata un oggetto di ricerca importante, fin da quando si comprese il rilievo che avrebbe potuto avere il meccanismo di potenziamento hebbiano nel tradurre in termini funzionali l’esperienza appresa. Il rinforzo di attività che si verifica quando sono contemporaneamente attivi il neurone presinaptico e post-sinaptico, secondo quanto fu scoperto dal neurofisiologo e psicologo canadese Donald Hebb, è stato considerato a ragione una chiave di volta per la comprensione di numerosi aspetti della neurofisiologia del comportamento. Si scoprì che, nel sistema nervoso centrale dei mammiferi, la plasticità hebbiana espressa nella forma del potenziamento a lungo termine (LTP) e della depressione a lungo termine (LTD), è importante nella ridefinizione funzionale dei circuiti che ha luogo per effetto della formazione di memorie con variazione e stabilizzazione del comportamento.

Questo concetto è stato esteso dalla diretta dimostrazione di plasticità della funzione dei sistemi neuronici in vivo, come nel caso di neuroni dell’ippocampo che formano il pattern di accensione delle cellule di luogo (place cells), che identificano e registrano la posizione dell’animale nell’ambiente.

Un altro filone di studi, realizzati con una metodologia elettrofisiologica e computazionale, ha dimostrato che lo sviluppo e la stabilizzazione dei circuiti richiede forme di plasticità non-hebbiana, ma omeostatica, quali il controllo delle proprietà intrinseche della membrana e lo scaling sinaptico.

Si è poi rilevato che i processi neuroevolutivi dipendenti dall’attività sono associati con aggiustamenti di tutta la cellula nella densità dei recettori post-sinaptici, ed è stato trovato che questi adattamenti si verificano in concomitanza con la riduzione selettiva o potatura (pruning) dei terminali sinaptici. Tali evidenze supportano le tesi sui processi di selezione ontogenetica esposte nella teoria della selezione dei gruppi neuronici (TSGN) da Gerald Edelman.

Sweat ha poi considerato gli studi pionieristici di neurofisiologia cellulare dei circuiti modificanti il comportamento, nei quali si dimostravano i ruoli critici della trasduzione del segnale transmembrana, della regolazione dei recettori NMDA, della regolazione delle proprietà biofisiche della membrana cellulare e della retro-propagazione del potenziale d’azione nella critica rilevazione di coincidenza dipendente dal tempo.

Un altro importante campo di indagine è quello relativo ai meccanismi molecolari sottostanti questi processi. La regolazione della trascrizione genica si è scoperto che serve da ponte fra l’esperienza e il cambiamento comportamentale, riducendo la distanza fra i mitici poli della contrapposizione “nature versus nurture”. Durante l’apprendimento, la verifica sperimentale ha confermato il ruolo di cruciali regolatori della trascrizione genica, sia per l’attiva metilazione e demetilazione del DNA sia per la regolazione della struttura della cromatina. La scoperta della dipendenza della sintesi proteica dall’acquisizione di cambiamenti comportamentali ha avuto una grande influenza negli studi neurochimici volti ad accertare le molecolari delle modificazioni del comportamento.

Infine, sono stati esposti in sintesi i risultati dei lavori che hanno indagato il rapporto fra plasticità neuronica e abilità connesse con l’intelligenza e il pensiero umano. Funzioni cognitive di ordine superiore, quali apprendimento della lingua, memorizzazione dichiarativa dello spazio, processo decisionale non automatico, hanno una base fondamentale nella plasticità di neuroni e circuiti, con processi e meccanismi che si comincia a conoscere. Molti studi recenti hanno analizzato il ruolo di questi processi nelle disabilità intellettuali, nei disturbi della memoria e nelle tossicodipendenze, soprattutto sulla base di moderne tecniche genetiche impiegate nell’uomo.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-12 marzo 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Eric R. Kandel, Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente. Codice Edizioni, Torino 2007.